Storie e leggende

La colomba bianca del Molise

Questo testo è ripreso quasi per intero dal sito capracotta.com, troppo bello per essere modificato, mi sono permessa di eliminare alcune cose, perlopiù tecniche, che lo rendevano troppo lungo.

Protagonisti di una storia che sfiora la leggenda sono la Colomba Bianca, i guastatori nazisti, i solai ballerini di molte case di Capracotta, i cui destini si intrecciano nella vicenda della mancata ricostruzione di una ferrovia.

LA COLOMBA BIANCA
Il 25 Luglio del 1909 Il notaio Filippo Bonavolta registrò l’atto costitutivo della SFAP, Società Ferroviaria Agnone Pescolanciano su progetto dell’ingegnere Federico Sabelli. Il percorso lungo 37,435 Km. partiva da Agnone e giungeva a Pescolanciano. La prima pietra fu posta il 29 ottobre 1911; la prima vettura arrivò a Pescolanciano il 16 maggio 1914; il 23 dicembre 1914 alle ore 11 “la prima vettura di prova, bianca come una colomba, arrivava in Agnone in mezzo al popolo commosso ed esultante” (Eco del Sannio del 31 dicembre 1914); il 6 giugno 1915 avvenne l’apertura ufficiale con il trasporto gratuito dei giovani chiamati alle armi per la prima guerra mondiale. Per completare l’intero tragitto la Colomba Bianca impiegava in media 3 ore, salvo imprevisti; d’inverno spesso anche i passeggeri davano una mano per liberare i binari da cumuli di neve.

Era una strana colomba bianca che volava per le valli del Verrino e del Trigno, che non tubava ma annunciava il suo arrivo alle fermate con un fischio di sirena. In un periodo in cui gli orologi erano un lusso riservato solo ad una ristretta cerchia di possidenti, il fischio della locomotiva era l’orologio e l’orgoglio di tutti e scandiva le ore del giorno nelle quattro corse quotidiane.

Lungo il percorso c’erano 6 piccole stazioni con fabbricati e 4 fermate. Il percorso era molto vario e lambiva terreni coltivati, vigne, uliveti, querceti e abetaie; bellissimo e affascinante era il paesaggio sia d’estate che d’inverno.

La società SFAP a lungo andare si trovò in gravi difficoltà economiche già nel 1926, questa grave situazione fu determinata soprattutto perché il podestà agnonese rifiutò l’acquisto, in conto del comune, della società e fece svanire anche il tentativo degli operai disposti a subentrare nella conduzione della società. La società fu ceduta alla SAM, Società Automobilistica Molisana e la procedura di fallimento e conseguente acquisizione furono sospese.

Nel frattempo la Colomba Bianca era diventata di color verde e viaggiava sempre più vuota: sia per le troppe ore di viaggio sia perché il trasporto su gomma era diventato più forte e aveva preso il sopravvento.

I GUASTATORI NAZISTI
Il 13 novembre 1943 data del’ultimo viaggio una pattuglia tedesca fermò la motrice condotta da Michele D’Aloise che abbandonò il posto di guida solo dopo che un ufficiale tedesco, pistola in pugno, al grido di Kaput, stava per ucciderlo.
Le motrici e tutto il materiale furono incendiati venne distrutta tutta la linea aerea e furono divelte e spezzate a metà tutte le traversine in legno sull’intera linea, con un carrello munito di un robusto rostro. Successivamente vennero prese di mira l’officina e la centrale termica. Queste le parole di Cesare di Ciocco, figlio del custode della Centrale: “Come vedi, non tutta la Centrale saltò in aria; una buona metà è ancora in piedi e tutto il merito fu di mio padre che, afflitto e disperato, mentre i genieri tedeschi minavano il fabbricato, si aggirava qui intorno quasi volesse ancora proteggere la sua creatura dall’imminente fine; ad un certo momento, un ufficiale tedesco, che parlava italiano, anche se stentatamente, gli fece cenno di avvicinarsi e gli chiese se voleva salvare una parte dell’edificio; immaginati la gioia di mio padre! E così l’ufficiale gli indicò non solo una finestra sul retro che avrebbe lasciata aperta ma anche quale miccia tranciare non appena la colonna tedesca, dopo aver acceso la miccia, si sarebbe mossa. Lo avvertì che aveva pochissimo tempo per entrare e per tagliare la miccia, che  rischiava di saltare in aria o di essere scoperto. E così nascosto tra i pini non appena vide la colonna muoversi, scavalcò letteralmente la finestra, tranciò la miccia e fece in tempo ad allontanarsi. I tedeschi sentirono il boato, videro la colonna di polvere che saliva al cielo e non si accorsero di nulla; ed ecco perché questa parte del fabbricato dov’erano la turbina a vapore e gli accumulatori porta ancora i segni dell’esplosione; sono rimaste in piedi le quattro mura senza il tetto e si vedono ancora i punti di attacco delle maestose volte a botte.” 
E così la Colomba Bianca dipinta di verde, non volò e non fischiò più: la furia nazista aveva cancellato un sogno e mi sento di aggiungere, non solo un sogno ma anche un mezzo di trasporto molto importante per la Regione, nonostante la lentezza e la concorrenza del trasporto su ruota. Restarono lungo la linea i 75 Km. di binari abbandonati e tutte le traversine spezzate.

I SOLAI BALLERINI
Dopo lo sfollamento, nella primavera del 1944, i capracottesi tornarono al paese distrutto e cominciarono a recuperare tra le macerie tutto quello che poteva essere utile per la ricostruzione. Gli altri materiali necessari erano acquistati altrove e Domenico Di Nucci, dopo aver invitato un esperto nella produzione della calce, Z’ Rezzière da Canzano, cominciò a produrre calce dalle fornaci che vennero costruite in vari posti dell’agro di Capracotta.
Armato di coraggio  affidò i lavori a una squadra di esperti muratori, la loro micro impresa, “LA DISPERATA”, In breve tempo completò le quattro mura perimetrali e il tetto ma erano finiti i soldi e non ci furono contributi e sovvenzioni; ogni famiglia dovette rimboccarsi le maniche e affrontare tutte le spese..
Come se non bastasse durante la ricostruzione di una casa incendiata, a San Giovanni, a lavori quasi ultimati, una parete che sembrava stabile e robusta, crollò travolgendo l’impalcatura e uno degli operai: l’improvvisa scomparsa di un valido mastro rappresentò una grande tragedia non solo per la famiglia ma anche per la comunità.

Ognuno cercava di arrangiarsi: per costruire i solai occorrevano robuste travi di legno, costose e non facili da reperire.
E qui entra la storia della Colomba Bianca che si intreccia con quella dei solai. Domenico Di Nucci, mentre raccoglieva il fieno nel suo prato della Vecènna, fu avvicinato da uno strano tipo, Michele G., che gli chiese se era disposto ad acquistare, a Staffoli, alcuni binari della ferrovia come travi di ferro per costruire i solai. Alla richiesta di informazioni ed alle perplessità Michele rispose che altri capracottesi avevano già utilizzato i binari; chi li acquistava doveva portare le misure precise e pensare al trasporto da Staffoli. In corso di costruzione quei binari si dimostrarono non molto adatti allo scopo.

I carabinieri, fecero un sopralluogo in tutte le case costruite o in ricostruzione e portarono in caserma per accertamenti tanti capracottesi tra i quali il figlio di Domenico, furono interrogati e rilasciati. Successivamente Domenico e Mario furono convocati al Tribunale d’Isernia come imputati per incauto acquisto, insieme ad altri 29 capracottesi. Si ritrovarono di fronte Michele G.,  vestito come uno straccione.  Michele G. fu condannato a un anno e sei mesi di reclusione per furto aggravato.

LA LEGGENDA DA SFATARE
Circolava nel dopoguerra e ancora oggi la leggenda che la mancata ricostruzione della SFAP fosse da attribuire all’utilizzo dei binari della ferrovia come travi per solai, soprattutto da parte dei capracottesi.
I documenti attestano che dopo la guerra vi furono tentativi di ricostruire la ferrovia Agnone- Pescolanciano; l’On. Remo Sammartino, tentò di far rientrare la SFAP tra le opere da ricostruire ma desistette quando si rese conto che la legge sulla ricostruzione imponeva la ricostruzione secondo il progetto iniziale ormai obsoleto.

Successivamente, il Ministro dei Trasporti on. Aragona negò la ricostruzione in quanto la Commissione per il piano regolatore delle ferrovie, il 18 giugno 1947, inserì la SFAP nella terza categoria, ossia tra quelle non indispensabili.
La ferrovia, quindi, non fu ricostruita solo per scelta del governo di allora. La diceria sulla colpa dei capracottesi nasce da un campanilismo che ha contrapposto per molto tempo i rapporti tra i comuni dell’Altissimo Molise.

Fonte: capracotta.com

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