Storie e leggende

L’amor cantato, di Mauro Gioielli

 

Tantissimo tempo fa, in un piccolo villaggio, viveva una ragazza di nome Lise.
Era bella più del sole, ma sfortunata perché sordomuta: silenziosa come il fiocco di neve che cade in terra.
Lise faceva la pastorella e ogni giorno conduceva gli armenti al pascolo.
Una volta, in autunno, un giovane pastore che andava in transumanza passò sul tratturo che costeggiava il prato dove Lise portava le sue pecore.
Al solo guardarla, se ne innamorò.
Si avvicinò e le rivolse la parola.
La fanciulla, però, non poteva rispondergli.
«È inutile», gli disse un altro pastore. «Non può sentirti né parlarti: è sordomuta.
Si chiama Lise».
Allora il ragazzo la salutò con un gesto e continuò il viaggio.
Da quel momento, i suoi pensieri furono sempre per Lise.
Non vedeva l’ora che arrivasse la primavera per tornare da lei.
Il giovane si chiamava Moli. Portava quel nome in ricordo del nonno, morto da qualche anno e che in vita tutti appellavano ‘molinaro’ poiché faceva sempre pascolare il proprio gregge nei pressi di un mulino.
Moli aveva una bellissima voce e suonava la zampogna.
Conosceva un’infinità di canzoni insegnategli dal nonno, che a sua volta le aveva apprese dai propri genitori… e così via, da infinite generazioni.
Durante il pascolo, Moli suonava la zampogna e cantava antichi versi d’amore.
Un giorno, decise d’annotare quei versi in un quaderno. «Porterò queste pagine a Lise», ripeteva ai suoi amici pastori.
«Non può ascoltare i canti dalla mia voce, ma potrà stringere al cuore questo quaderno e così, forse, saprà quanto l’amo».
Una brutta mattina, però, Moli fu sorpreso da un temporale.
Cercò riparo sotto un frondoso albero, ma gli fu fatale: un fulmine cadde sulla pianta e lo fece morire.
Gli altri pastori lo seppellirono e raccolsero le sue cose, tra cui la zampogna.
Trovarono anche il quaderno con i canti; sapevano per chi erano stati scritti e li conservarono.
* * *
In primavera, finita la transumanza, risalendo il tratturo, passarono vicino al pascolo di Lise.
La fanciulla non c’era, ma c’era la madre.
Gli amici di Moli le affidarono il quaderno e la zampogna, quindi proseguirono.
La madre di Lise, temendo che la figlia potesse soffrire per la morte di Moli, non le disse nulla e andò a gettare lo strumento e il quaderno in un profondo pozzo.
Trascorsero alcuni mesi e, un giorno, Lise si recò a prendere acqua da quel pozzo.
Ne bevve un po’ e, per magia, le tornò l’udito e poté ascoltare la voce di Moli che, dal fondo del pozzo, accompagnandosi con la zampogna, cantava per lei dolcissime storie d’amore.
La fanciulla, poi, bevve un altro po’ d’acqua e, miracolosamente, riacquistò la parola.
Allora poté cantare lei stessa le canzoni di Moli.
Le imparò tutte e, finché visse, le andò cantando per ogni landa d’intorno: dal Matese fin verso l’Adriatico, dal Trigno al Fortore.
Quelle terre, in ricordo dei due pastorelli, furono chiamate Molise.
Ancora oggi, le genti che le abitano conoscono antichissimi canti e suonano armoniose zampogne.
Gli anziani raccontano che il Molise vivrà finché vivranno quelle canzoni e quegli strumenti.

 

Mauro Gioielli

 

 

 

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