Storie e leggende

Il sorcio di campagna e il sorcio d’orto

Riporto oggi una favola molisana, che fa parte di una raccolta di Italo Calvino, questa è riportata dal seguente sito: http://www.rubenet.it/leggende/13-IlSorcio.htm

Un sorcio, mentre stava rosicchiando una forma di cacio in dispensa, si prese un brutto spavento dal gatto di casa che, senza saper neanche lui come, si ritrovò in mezzo all’orto. Si nascose sotto una pianta d’insalata e si ricordò che la buonanima di suo padre gli aveva parlato di un suo compare sorcio campagnolo che abitava nell’orto, sotto al fico. E gira e rigira, trovò la tana ed entrò.


Il compare di suo padre era morto anche lui, ma c’era il figlio. Fecero conoscenza e il sorcio campagnolo fu così ospitale che il sorcio di palazzo per due giorni si scordò la dispensa, il cacio e il gatto. Ma il terzo giorno, dei torsoli di rapa non poteva più sentire neanche l’odore, e disse: «È ora che tolga il disturbo». «E perché mai compare? Trattieniti almeno un altro giorno». «No, compare, m’aspettano a casa». «E chi ti aspetta?». «Uno zio… Anzi, perché non mi accompagnami, facciamo colazione insieme e torni indietro».

Il sorcio campagnolo, che non stava nella pelle di vedere la casa di un topo di palazzo, accettò e si avviarono. Arrampicandosi per un pergolato entrarono dal finestrino della dispensa. «Che casa!» fece il sorcio campagnolo «e che buon odore!». «Scendi giù, fa come se fossi a casa tua». «Grazie. Sai non sono pratico e ho paura di perdere la via del ritorno. È meglio che resti qui sul davanzale». «Allora aspetta», fece il sorcio di palazzo, e scese solo.

Mentre si avvicinava a un pezzo di lardo, il gatto che stava appostato, gli saltò addosso e lo afferrò. «Zizì…zizì…» strillava il poverino. Al sorcio di campagna venne il batticuore e pensò: «Cosa dice? Zì…zì… Allora è lo zio! Bell’accoglienza gli ha preparato! Se lui, che è il nipote, lo riceve così, figuriamoci cosa farebbe a me, che non mi conosce neppure». E con un salto ritornò nell’orto.

A chiusura, e per fare un po’ più mio questo racconto, grazie al quale ho ricordato una storia che mi racconta spesso mio padre e che ascolto con piacere, aggiungo un episodio legato a mia nonna Maria.

Un topolino si era introdotto in casa, e la nonna che era abbastanza intimorita, non poté far altro che salire su una sedia e iniziare a urlare. Il topolino dal canto suo, come quello della favola che vi ho riportato, emetteva il suo tipico verso: «Zì zì!» Allora la nonna esclamò: «Si si, tu chiama tuo zio e io chi devo chiamare che ho più paura di te?». Tutto questo ovviamente in dialetto e tra le risate dei suoi cinque figli!

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